L’intelligibilità dell’esistenza in Carlo Mazzantini: il pensiero come vita

Mazzantini

Dopo aver passato in rassegna gli esponenti della scuola neo-razionalistica torinese (Abbagnano, Bobbio, Geymonat) e aver tratteggiato la figura di Pietro Chiodi (allievo di Abbagnano ma più debitore a Heidegger che al pragmatismo americano), presenteremo ora i tre filosofi torinesi più legati alla tradizione di Aristotele e Tommaso: Carlo Mazzantini, Augusto Del Noce e Felice Balbo.

Carlo Mazzantini nacque nel 1895 a Reconquista, in Argentina, da genitori italiani. Fu ufficiale nell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale; subito dopo si laureò presso l’Università di Torino in Giurisprudenza (1919), in Lettere (1921, con una tesi su Edgar Allan Poe) e infine in Filosofia (1922), sotto la guida di Erminio Juvalta e sostenendo una tesi su La speranza dell’immortalità. Se questo scritto, pubblicato, ottenne un apprezzamento da Benedetto Croce, fu anche perché si oppo­neva meglio allo Spirito di Gentile che allo Spirito vitale dello storicismo crociano; Mazzantini opponeva la durata, la memoria e l’abitudine alla pretesa dello Spirito di riiniziare sempre da capo. Negli anni seguenti il deposito permanente della sostanza fu inteso da Mazzantini secondo la tradizione dell’aristotelismo tomista, come la possibilità stabile di trovare la ragione delle cose. Il mondo è retto da idee direttive che possono essere comprese dalla ragione umana. Il rapporto tra l’eternità degli archetipi razionali e la varietà del mondo delle cose finite è mediato dalla inesauribi­lità della luce della Ragione, infinitamente partecipabile. Dopo aver insegnato a lungo presso scuole cattoliche torinesi, ottenne incarichi dall’Università di Torino, dal 1937; nel 1942 venne nominato professore di ruolo di Storia della Filosofia nell’Università di Cagliari (a Magistero), nel 1949 ottenne la cattedra a Genova, nella facoltà di Filosofia. A Torino fu di ruolo solo dal 1959. Negli anni di insegnamento universitario ha sviluppato l’opposizione di una intelligibilità dell’essere alla mo­dernità ‘volontaristica’, colpevole di aver costretto l’ambito mutevole della vita e del dato esistenziale nello spazio dell’irrazio­nalità. Nel contempo ha legato più strettamente al Principio razionale eterno le istanze della libertà, del movimento e dell’inter­pretazione storica. Mazzantini è morto a Torino nell’estate del 1971. Le sue opere principali: La speranza nell’immortalità (1923); La lotta per l’evidenza (1929); Spinoza e il teismo tradizionale (1933); Il problema delle verità necessarie e la sintesi a priori del Kant (1935); Il tempo. Studio filosofico (1942); Capisaldi filosofici (1945); Filosofia e Storia della Filosofia (1960); L’etica di Kant e di Schopenhauer (1965); La filosofia di Martin Heidegger (1991, postumo).

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