“La post verità nel cibo nasce dalla crisi dell’ufficialità ma non va censurata”

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«Non dobbiamo cedere alla tentazione di istituire un’autorità di censura delle bufale, solo lasciando libero spazio alla diffusione del pensiero riusciremo ad arginare un fenomeno, che, ricordiamolo, è sempre esistito e che non morirà mai». Parola di Peppino Ortoleva, docente di comunicazione all’Università di Torino, che, alla prima serata di Pensare il Cibo. moderata da Leo Rieser, ha spiegato i meccanismi di interazione sociale alla base delle false notizie.

Il filosofo del linguaggio, Luigi Perissinotto (Università di Venezia), ha inquadrato il problema delle false notizie sul cibo nel grande tema filosofico della post verità, il fenomeno sociale che vede il diffondersi di convinzioni più che di informazioni vere.

«Le bufale sul cibo – ha spiegato – si diffondono anche perché stiamo assistendo al disfacimento dell’idea di autorità dell’informazione che un tempo era sinonimo di ufficialità. Questa sembra oggi sostituita dalla soggettività che, però, dà un sostegno debole. Nelle nostre credenze, infatti, il vero problema è chi legittima quello che sosteniamo». Siamo, quindi, orfani di punti di riferimento, di medicine ufficiali, di scienza ufficiale, di informazione ufficiale. Stiamo smontando (per molti, finalmente), l’ufficialità, ma lasciamo il campo alla pura soggettività.

Perissinotto spinge perché proprio il cibo entri a pieno titolo nel campo della filosofia dell’interpretazione che può aiutare a spiegare il senso del vero e del falso. «Proprio il cibo ci dà il senso della nostra finitezza, della nostra dipendenza da qualcosa. Per alimentarci, da sempre, dipendiamo anche dagli altri. Cibarci non è, quindi, solo un fatto naturale ma è un “fatto” culturalmente mediato. Insomma, il cibo va, prima di tutti, compreso nel suo significato di relazione, e, in questo, la filosofia è essenziale».

«Le false credenze sul cibo nascono dall’illusione che siamo autosufficienti nella conoscenza – osserva Antonella Ramassotto, psicoanalista del Centro Teco di Torino – Ma il nostro bisogno di conoscere non finisce mai e se il il cibo è prima di tutto il frutto di un rapporto, di un contatto che comunica qualcosa e ci fa conoscere qualcosa, per questo il cibo non nutre mai abbastanza. Il cibo è prima di tutto un dono d’amore di cui abbiamo sempre bisogno. Ne abbiamo bisogno per il sostentamento ma anche per il nostro bisogno di rapporto. Ricordiamoci che fin dal nostro primo contatto con arriva mai prima il cibo ma, per prima, arriva la madre che ci parla, ci accarezza e ci porge il seno. Da allora non smettiamo di cercare, insieme al cibo, la rassicurazione di ottenere amore e conoscenza».

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