Fame di musica

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Anche quest’anno Pensare il cibo offre al suo pubblico affezionato un’abbuffata musicale all’insegna della convivialità. I rapporti tra musica e cibo risalgono già al tempo degli antichi Greci e si protraggono fino all’Ottocento, quando il momento del convivio era arricchito dall’ascolto della musica. Si tratta della musica da tavola, musique de table o Tafelmusik. E’ un esempio di fruizione musicale che si discosta enormemente dalla concezione odierna. Le cronache, le iconografie e i documenti del Cinque e Seicento ci dicono che la musica accompagnava pratiche e momenti relazionali, non essendo ancora assurta a autonomo moto dello spirito. Essa era diffusa nei palazzi della nobiltà per adornare l’ospitalità del padrone di casa, e i musicisti alternavano movimenti di brani tratti da diverse suite, sinfonie o concerti. Un esempio memorabile lo fornisce Mozart, nell’opera di Don Giovanni, quando il protagonista banchetta nel suo sontuoso palazzo con l’accompagnamento di un gruppo di musicisti che esegue diverse arie d’opera. Fin dalle sue origini la presenza musicale ai banchetti era eseguita dagli stessi commensali che improvvisavano esecuzioni poetico-sonore. Nel Quattrocento invece si afferma la figura del cortigiano colto: un intellettuale che, tra i suoi diversi interessi, annoverava anche la musica. A tal proposito Baldassar Castiglione ne Il Libro del Cortegiano, fedele testimonianza delle corti italiane del Quattro e Cinquecento, scriveva: “Io non mi contento del Cortegiano, s’egli non è ancor musico; e se oltre allo intendere, ed essere sicuro a libro, non sa di vari instrumenti; perché, se ben pensiamo, niun riposo di fatiche e medicina d’animi infermi ritrovar si può onesta e laudevole nell’ozio, che questa; e massimamente nelle corti, dove oltre al refrigerio de’ fastidii che ad ognuno la musica presta, molte cose si fanno per satisfar alle donne, gli animi delle quali teneri e molli facilmente sono dell’harmonia penetrati e di dolcezza ripieni. Però non è maraviglia se nei tempi antichi e ne’ presenti sempre esse stati sono a’ musici inclinate, ed hanno avuto questo per gratissimo cibo d’animo…”. Nel Rinascimento nasce poi la figura vera e propria del musicista, che compone e sovraintende alle esecuzioni. Molta musica è stata composta da queste nuove figure di professionisti per occasioni conviviali. Certe composizioni recavano addirittura il titolo di Musique de table. E’ il caso del Banchetto musicale di Johann Hermann Schein (1617) o della Tafelmusik di Georg Philipp Telemann (1733). Anche Jean-Baptiste Lully presso la corte del Re Sole ideò un allestimento scenico con la collaborazione di Molière per una grande festa in onore di Louise de La Vallière, la favorita di Luigi XIV. Il legame tra la musica e il cibo non si esaurisce però solo nella musica da tavola. Come ha osservato Massimo Montanari, il rapporto è più sostanziale e consiste nelle caratteristiche intrinseche delle due arti. Sia la musica, sia il cibo, sono arti effimere, destinate a dissolversi nel momento della esecuzione. La musica svanisce mentre la si ascolta, il cibo scompare mentre lo si mangia. Entrambe sono come il linguaggio, che inghiottisce e può fare a meno della presenza fisica delle cose. Pensiamo dunque alla musica come al cibo: come linguaggi che creano legami a partire dalla sparizione di qualcosa di essenziale. Piuttosto che far vedere qualcosa di armonico da contemplare, la musica ci parla della nostra fame e del nostro desiderio.

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